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Libertà di panorama: c’è ma non c’è

Genova – Libertà di panorama. E’ un caso di cui avevo parlato nel luglio scorso sul quotidiano Punto Informatico dopo una piccola indagine/inchiesta e la discussione con un paio di giuristi conoscenti. Detta libertà, in sostanza, se ci fosse, permetterebbe a tutti di fotografare e riprodurre liberamente opere architettoniche e monumenti moderni, senza timore di essere inseguiti da un qualche funzionario SIAE con la falce e la tunica nera. Ebbene in Italia non c’era e non c’è tuttora, direi.

Niente Pirellone, niente chiesa di Padre Pio, niente stazione centrale di Milano. Niente. Le opere architettoniche moderne non possono essere fotografate a meno di non pagare i diritti ai proprietari (il divieto vale per quelle progettate da un autore in vita o morto da meno di 70 anni, ovvero pressappoco per ogni cosa edificata negli ultimi 100 anni).

Ricordo che la cosa mi sembrava così assurda che mentre scrivevo il testo dell’inchiesta continuavo ad usare il condizionale in ogni frase (“parrebbe che”, “sembrerebbe”), convinto che il giorno dopo la pubblicazione tutti mi avrebbero dato del pazzo, dell’ignorante, del caprone. Invece, sfortunatamente, non è stato così. Avevo ragione. Incredibilmente. E il bravo Paolo De Andreis (direttore di Punto Informatico e uno dei più acuti osservatori della Rete), che più di me aveva capito l’importanza della cosa, le ha dato spazio come prima notizia del giorno.

Da quel giorno è scoppiato una sorta di caso mediatico: articoli, blog, conferenze, interventi, interrogazioni parlamentari a tema, e così via. Qualche tempo dopo, inoltre, il deputato Franco Grillini ha posto al vicepremier Rutelli un’interrogazione specifica, chiedendo perché l’Italia fosse uno dei pochi paesi moderni a non contemplare la libertà di panorama, allegando la suddetta inchiesta pubblicata tal quale anche dal quotidiano AprileOnline.

Dopo quattro mesi di attesa (stranamente pochi, considerando la media), ora è arrivata la risposta. Probabile che ci siano state pressioni politiche affinché la risposta arrivasse in fretta in questo momento pre-elettorale, ma questa è una personalissima impressione e mi fermo qua, perché non voglio accendere inutili polemiche.

Secondo il sottosegretario di Stato Daniele Mazzonis la libertà di panorama c’è… e non c’è! La sua è una risposta vaga, discutibile, tipica della pubblica amministrazione italiana. Farò alcune considerazioni per punti:

  1. Perché le risposte alle interrogazioni contengono sempre meno l’indirizzo politico, e al suo posto una banale descrizione, perdipiù dubbia, di come stanno i fatti? Sappiamo benissimo come stanno i fatti: vogliamo sapere quali sono le direzioni politiche del Governo, non lo stato delle cose. Per interpretare le leggi ci sono i giuristi. A che serve il politico, altrimenti?
  2. Si legge nella risposta: “la libertà di panorama ossia il diritto spettante a chiunque di fotografare soggetti visibili, in particolare monumenti ed opere dell’architettura contemporanea, è riconosciuta in Italia per il noto principio secondo il quale il comportamento che non è vietato da una norma deve considerarsi lecito“. Eppure la Legge sul diritto d’autore vieta espressamente la riproduzione di opere dell’architettura anche in forma fotografica di autori in vita o morti da meno di settant’anni.
  3. Infatti, poco dopo, Mazzonis si premura di citare solo monumenti dell’arte classica (Colosseo, Ara Pacis) e dice: “Per quanto attiene alla tematica del pagamento dei diritti agli autori delle opere contemporanee […]“. Ecco, appunto: dov’è la libertà di panorama? “Pagamento dei diritti d’autore per le opere contemporanee” non mi sembra esattamente libertà di panorama. Ma forse ognuno ha il suo concetto di libertà, qua nella penisola.

La questione, poi, va poi a mischiarsi, come spesso, con quella del “Codice Urbani”, di cui ho parlato sempre su Punto Informatico un paio di mesi addietro. Infatti, secondo una medioevale leggicola approvata dal precedente governo Berlusconi, i beni culturali di qualisiasi epoca in gestione ad un ente pubblico (e in alcuni casi anche privato) non possono essere riprodotti senza pagare un “canone”. Su questa questione l’interrogazione glissa, ma dice: “per quanto attiene alla tematica del pagamento dei diritti agli autori delle opere contemporanee, si evidenzia che l’art. 2 della legge 9 gennaio 2008 […] ha [… agito] ampliando il regime delle esenzioni.

Ora, le questioni sono due: o la libertà di panorama non c’è e allora ha senso citare questo nuovo intervento legislativo, oppure c’è, e allora questo riferimento alla nuova legge è meramente promozionale per il governo in carica. Che bisogno c’era di “ampliare il regime delle esenzioni” se la libertà di panorama per le opere contemporanee è già contemplata?
Sarei felice di leggere opinioni altrui su tutta questa vicenda, perché il confronto aiuta a cambiare idea e ho sempre avuto poca fiducia in chi non la cambia mai, ma in questo caso la questione mi sembra assai chiara.

Sulla nuova legge citata, ho già espresso ripetutamente, anche su testate giornalistiche, i miei pesanti dubbi: scritta male, applicabile peggio. E ho anche iniziato col bravo Guido Scorza un progetto per un suo miglioramento al quale daremo visibilità nei prossimi giorni. L’intento era buono e innovativo, lo credo in onestà, forse un primo passo verso una fondamentale riforma del diritto d’autore in senso sovranazionale, ma è stato fatto male, molto male.

In sostanza dopo la risposta all’interrogazione cosa sappiamo: niente.

Pippo: La libertà di panorama c’è.
Pippo: Ah no, non c’è. C’è in parte. Ma anche non c’è.
Topolino: E il codice Urbani?
Pippo: No, no, quello c’è! C’èissimo.
Topolino: Ok, posso riprodurre liberamente?
Pippo: Sì, cioè, no. C’è la nuova legge con le esenzioni!
Topolino: Ma che c’entra? E poi si riferisce solo ad internet e non si capisce bene i limiti né cosa vol dire!
Pippo: Appunto.
Topolino: Quindi sono libero?
Pippo: Sì. Cioè, no. Anche.

Luca Spinelli

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